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Quadrimestre 13 - Ottobre 2003 -
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La cultura
prevalente da più di cinquant'anni è contro di noi
Vogliamo solo che
la nostra Storia sia rispettata.
Lo pretendiamo in Italia. Facciamo il possibile perchè
lo sia anche a Lussino.
In Italia però la cultura prevalente da più di
cinquant'anni è contro di noi, falsifica la nostra Storia o la sottace.
Nel 1947, alla Conferenza di Pace, il Capo del Governo
Italiano, Alcide De Gasperi, non difese minimamente i confini orientali
d'Italia, rimettendosi "alla comprensione dei vincitori", i
quali, non volendo consultare le popolazioni interessate, dimenticando di
informarsi sulle loro storia e cultura, strapparono all'Italia, dandole
alla Iugoslavia, Zara e tutta la Venezia Giulia tranne Trieste, Gorizia e
una piccola parte delle loro province.
In 350.000, su 400.000, esodammo per denunciare questa
enorme ingiustizia, per proclamare la cultura nostra e dei nostri Avi da
sempre latino - veneto - italiana e perchè era impossibile convivere
pacificamente con i nuovi venuti.
In Italia fummo accolti male salvo alcune importanti
eccezioni, che però, sono state definite "di destra" e,
"quindi", non hanno per nulla scalfito la cultura dominante.
Ai lussignani Don Dario Chalvien e prof. Maria Rade,
che gli hanno reso visita aRoma, De Gasoeri ha personalmente raccomandato
di non esodare per non ridurre i rimasti a piccola minoranza.
Dopo più di cinquant'anni, nei quali di noi si è per
lo più taciuto, la posizione della cultura "dominante" non
sembra migliorata. Si attinge solo o quasi alle posizioni slave.
La commissione per il bilinguismo nel Friuli-Venezia
Giulia, pochi giorni fa, ha deciso di includere Trieste fra le località
bilingui, dimenticando che gli sloveni rappresentano solo il 5% della
popolazione triestina e che questa è formata per due terzi da istriani
che hanno tutto lasciato pur di restare italiani e di vivere ove si parla
la lingua loro e dei loro Avi.
La cultura "corretta" sembra influenzare
anche istituzioni antiche e benemerite quali la Scuola Dalmata di Venezia
che nella sua pubblicazione "Famiglie Dalmate" del giugno 2003
ospita un scritto ove, sia pure marginalmente, si afferma che la storia
veneta della Dalmazia inizia appena dal 1420 (pag.9), perchè nei quattro
secoli precedenti Venezia non esercitò la sua sovranità "totalmente
e saldamente". Non si dice che le interruzioni di quella sovranità
sono durate poco più di mezzo secolo su più di quattro, non si dice che
vi era esclusa solo una piccola parte della Dalmazia.
La cultura prevalente si può dire vicina a quella
dell'estrema sinistra.
"Gerarchi,
briganti neri, frofittatori, forniscono reclute alla delinquenza comune,
relitti repubblichini, indesiderabili che fuggono al giusto castigo della
giustizia popolare iugoslava, impauriti dall'aria di libertà che
precedeva o coincideva con l'avanzata degli eserciti liberatori".
Così ci descriveva "L'Unità" del 30 novembre 1946, concedendo
tuttavia che fra di noi c'erano anche "italiani
onesti, vittime dell'infame politica fascista, indotti a fuggire dal
fantasma di un terrorismo che non esiste e che viene agitato per
speculazione di parte".
Un articolo pubblicato su "Il Manifesto" del
6 ottobre 2002, salvo un modesto "più numeroso", parifica in
pratica il nostro esodo al controesodo comunista cioè ai comunisti
italiani che, invitati dal loro partito e dai "Titini", si
trasferirono in Iugoslavia per "costruirvi il socialismo".
L'articolista dice che di noi "molto si è parlato per cinquant'anni,
anche se quasi sempre per rivendicare le terre e le case abbandonate e,
propagandisticamente, in chiave anticomunista e razzista. Del controesodo
invece quasi nessuno ha parlato".
Riassumendo siamo stati considerati dei quasi
delinquenti o, nella migliore delle ipotesi, degli sciocchi creduloni e
oggi ancora dei razzisti.
In realtà, come già detto, di noi quasi nulla si è
parlato ed è un falso definire soltanto "più numerosi" il
nostro esodo rispetto al controesodo: i 2000 di quest'ultimo rispetto ai
nostri 350.000 rappresentano lo 0,57%.
Sono, è vero, opinioni di estrema sinistra. Ma è
altresì vero che tali opinioni hanno influenzato in misura determinante
la posizione di Degasperi nel 1947. Il citato articolo de
"L'Unità" dà, più avanti, suggerimenti simili a quelli dati
da De Gasperi ai nostri due Lussignani: non esodare per non ridurre i
rimasti in insignificante minoranza, trattare con gli slavi per ottenere
vaste autonomie linguistiche, culturali e amministrative come auspicato da
Tito e da Togliatti nel loro incontro di quei mesi a Belgrado.
Ancora oggi queste opinioni influenzano anche
l'opinione di chi di sinistra non è.
Anche le posizioni di alcuni rimasti a Lussino sembrano
contare più delle nostre su alcuni fatti locali.
Vengono definiti "disertori" e non eroi i due
marinai che nel giugno del '18, improvvisati aviatori, hanno trafugato a
Lussinpiccolo un idrovolante austriaco per portarlo in Italia (La
"Voce del Popolo" di Fiume del 21 luglio 2003)
Secondo un articolo pubblicato dallo stesso giornale il
29 agosto 2003 noi lussignani esuli saremmo seminatori di astio, vorremmo
approfondire il solco fra esuli e rimasti solo perchè gradiremmo
rimanesse segno del nostro importante contributo al restauro 2003 della
Chiesetta di San Giuseppe a Lussinpiccolo, Chiesetta oggi frequentata solo
dai rimasti.
Chiudiamo queste note ribadendo che non ci spaventa
affatto l'enorme forza della cultura "corretta" che domina in
Italia. Riteniamo sia nostro dovere combatterla là dove va combattuta
anche se si tratta di una battaglia impari.
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di Giuseppe Favrini
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A due Lussignani,
nel 1946,
De Gasperi
raccomandava di
non esodare
In Italia si attinge
alle posizioni slave
Delinquenti o
creduloni, così ci
definiva "L'Unità"
nel 1946
Oggi ancora
veniamo definiti
razzisti, il nostro
esodo viene
contrapposto al controesodo
comunista senza
citare i numeri:
350.000
contro 2000
Erano e sono
simili le posizioni
che non erano e
non sono
di sinistra
Disertori e non
eroi i protagonisti
della "Beffa di
Lussino".
Veniamo quasi
calluniati perchè
fosse ricordato il
nostro contributo
al restauro 2003
di San Giuseppe
a Lussinpiccolo
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P.S.: Gli articoli de
"L'Unità" e de "Il Manifesto" sono stati riportati il
16 luglio 2003 dalla "Nuova Voce Giuliana", quindicinale
dell'Associazione delle Comunità Istriane, in prima pagina senza commenti,
perchè, scrive il Direttore, gli Esuli possono commentarli da sè.
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Ultimo aggiornamento: 27/10/2003
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